Anche se nei giorni passati il sole aveva tentato con tutte le sue forze di non cedere il cammino del cielo all'inverno affilato,persino gli alberi della foresta vicina avevano capito che a nulla più sarebbe valso il crudele tributo delle loro foglie dorate pagato al vento perchè ritardasse l'arrivo del freddo. E spogliati di ogni loro ricchezza immobili attendevano adesso le armate del Balshoy Kholodniy Obscheey,il Grande Generale Inverno. Vladilena fin da quando era nata era stata affidata dal medico del villaggio al nonno Kas'iyyan. Dei genitori non si era saputo più nulla.Solo quando Vladilena aveva tre mesi all'isba del nonno sperduta nel bosco era arrivato un plico che il postino-il panciuto signor Arseniy- aveva portato fin li tremando di freddo e di paura per i lupi.Nel plico c'era un vestitino da bimba tessuto a mano alla moda degli Urali e una foto dattilografata:"Michail e Anastasiya salutano la loro dolce figlia,gemma della nostra Madre Russia". Il postino teneva il plico in mano come fosse la refurtiva di una rapina all'obitorio mentre Kas'iyyan immobile come cubo di sale lo aspettava a gambe larghe. I due si erano guardati prima negli occhi,poi nelle mani e poi nei piedi.Poi entrambi avevano aperto la bocca,insieme,come a comando.Arseniy per cercare di spiccicare una frasettina d'occasione,senza riuscirci.Kas'iyyan per sputare il tabacco. A che, il postino aveva consegnato il plico al vecchio e con cenno del capo era tornato sui suoi passi. Dopo-senza neppure un mariavergine- era saltato sul carretto correndo lungo la strada che portava al villaggio come una palla di schioppo,questo è tutto,pareva dire.
Da quel giorno in poi però gli anni erano passati e al tempo della nostra storia Vladilena era già grandetta,andava per i nove,fuori come dicevamo faceva già tanto freddo e il nonno cucinava sul fuoco dei fagiani appena cacciati. La bimba guardava il nonno,con suo fisico asciutto,gli occhi vagamente a mandorla e i lunghi baffi bianchi;dicevano tutti che il vecchio veniva da lontano,per via degli occhi tagliati obliqui e di qualche frase buttata qui e li in una lingua sconosciuta. Eppure a guardarlo ora riflesso sul vetro della finestrella col buio tutt'attorno pareva semplicemente quel che era,un vecchio cacciatore russo,dall'aria truce ma dal cuore tenero al punto da preparare il fagiano per la sua nipotina. E borbottare che non c'erano più i fagiani di una volta.Vladilena tuttavia quella sera osservò meglio vicino al fuoco il viso del nonno,e sul collo,vicino all'attaccatura del capo notò per la prima volta una lunga cicatrice chiara. Così chiese:Nonno e quella cicatrice come te la sei fatta?...
Anche se nei giorni passati il sole aveva tentato con tutte le sue forze di non cedere il cammino del cielo all'inverno affilato,persino gli alberi della foresta vicina avevano capito che a nulla più sarebbe valso il crudele tributo delle loro foglie dorate pagato al vento perchè ritardasse l'arrivo del freddo. E spogliati di ogni loro ricchezza immobili attendevano adesso le armate del Balshoy Kholodniy Obscheey,il Grande Generale Inverno.
RispondiEliminaVladilena fin da quando era nata era stata affidata dal medico del villaggio al nonno Kas'iyyan. Dei genitori non si era saputo più nulla.Solo quando Vladilena aveva tre mesi all'isba del nonno sperduta nel bosco era arrivato un plico che il postino-il panciuto signor Arseniy- aveva portato fin li tremando di freddo e di paura per i lupi.Nel plico c'era un vestitino da bimba tessuto a mano alla moda degli Urali e una foto dattilografata:"Michail e Anastasiya salutano la loro dolce figlia,gemma della nostra Madre Russia". Il postino teneva il plico in mano come fosse la refurtiva di una rapina all'obitorio mentre Kas'iyyan immobile come cubo di sale lo aspettava a gambe larghe. I due si erano guardati prima negli occhi,poi nelle mani e poi nei piedi.Poi entrambi avevano aperto la bocca,insieme,come a comando.Arseniy per cercare di spiccicare una frasettina d'occasione,senza riuscirci.Kas'iyyan per sputare il tabacco.
A che, il postino aveva consegnato il plico al vecchio e con cenno del capo era tornato sui suoi passi. Dopo-senza neppure un mariavergine- era saltato sul carretto correndo lungo la strada che portava al villaggio come una palla di schioppo,questo è tutto,pareva dire.
Da quel giorno in poi però gli anni erano passati e al tempo della nostra storia Vladilena era già grandetta,andava per i nove,fuori come dicevamo faceva già tanto freddo e il nonno cucinava sul fuoco dei fagiani appena cacciati. La bimba guardava il nonno,con suo fisico asciutto,gli occhi vagamente a mandorla e i lunghi baffi bianchi;dicevano tutti che il vecchio veniva da lontano,per via degli occhi tagliati obliqui e di qualche frase buttata qui e li in una lingua sconosciuta. Eppure a guardarlo ora riflesso sul vetro della finestrella col buio tutt'attorno pareva semplicemente quel che era,un vecchio cacciatore russo,dall'aria truce ma dal cuore tenero al punto da preparare il fagiano per la sua nipotina. E borbottare che non c'erano più i fagiani di una volta.Vladilena tuttavia quella sera osservò meglio vicino al fuoco il viso del nonno,e sul collo,vicino all'attaccatura del capo notò per la prima volta una lunga cicatrice chiara. Così chiese:Nonno e quella cicatrice come te la sei fatta?...