Il vecchio si irrigidì per il tempo di un respiro. Strinse il manico della vecchia pala da forno tanto che le nocche delle sue mani sbiancarono, e il legno emise un rumore lamentoso, sofferente.
"Non ho cicatrici, Lena. E' la luce del fuoco che fa qualche scherzo". "Sono sicura, nonno. Gavril ne ha una uguale, ma sulla gamba, perchè è caduto nel torrente mentre pescava. E' proprio una cicatrice." Vladilena cercava lo sguardo di suo nonno riflesso nel vetro scuro, ma incontrò solo due fessure ostili, fisse vacuamente nel calore rosso della bocca del pech, da cui Kas'iyyan estrasse la teglia in cui cuoceva la cacciagione con un movimento lento. Quando la poggiò sul ripiano esterno del forno, un suono metallico e molteplice tradì il tremito che il vecchio tentava di governare a forza di respiri fondi e vibranti, e chiuse la porta del vecchio forno con veemenza. Vladilena trasalì. "Siedi e mangia. In silenzio. Poi dirai le tue preghiere, e poi filerai a dormire. Non una parola." "Ma nonno..." "Ho parlato, Lena, e Dio non voglia che io parli due volte. Non c'è nessuna cicatrice. Se non riesci a mangiare in silenzio, significa che non hai abbastanza fame da riempirti la bocca."
Confusa e mortificata, pulì il piatto sotto lo sguardo del nonno, e si arrampicò sul polaty senza il coraggio di pigolare una buonanotte.
Quando sentì Vladilena cantilenare le preghiere a mezza voce da sotto le coperte, Kas'iyyan crollò il capo tra le mani, e due lacrime caddero sul piano del tavolo, simmetriche.
Amava quella bambina più di quanto potesse immaginare.
"Babuška Maša!" Vladilena uscì a corsa nel freddo pungente dell'alba, e si gettò tra scialli e gonne quasi ad occhi chiusi. "Benedetto Iddio, bambina, vuoi trascinarmi fino alla scuola con te? Vai spedita che la strada è lunga...ma devochka, hai gli occhi di chi ha pianto tutto il mare! Quando finisci le lezioni passa a trovare la vecchia Maryia, così le racconti tutto davanti ad un tè. Adesso vai, però." Seguì la bambina con lo sguardo finchè la vista provata dagli anni glielo permise, poi si voltò e senza tanti complimenti entrò nell'isba.
" Maryia Alexandreevna..." Maša intimò a Kas'iyyan il silenzio rivolgendogli un gesto secco a palmo aperto, e si diresse verso un angolo, in cui stava uno stipo dall'aspetto dimesso. Si mise ginocchioni e frugò nelle intercapedini del pavimento fino a trovare una piccola chiave di ferro, con cui aprì l'anta, rivelando un'icona polverosa. La baciò tre volte, la ripulì con la manica consunta e la ripose. Poi prese uno sgabello da sotto il tavolo, lo portò nell'angolo, e, accomodatasi al posto degli ospiti, parlò. "Non dico una candela, Kas'iyyan, ma nemmeno una tovaglia! La Santissima Vergine che se ne sta lì in mezzo alla polvere come un ferrovecchio, che Cristo ti perdoni..." "Sono brutti tempi, Maša. Non voglio mettere in pericolo la bambina. E' già tanto che conosca due preghiere da masticare la sera, accontentati." Maryia Alexandreevna rivolse uno sguardo indagatore al vecchio, sufficientemente eloquente però da far intendere che non sarebbe riuscito a dargliela a bere. Kas'iyyan cercò di articolare una risposta, qualcosa di chiaro e coerente, ma il meglio che gli riuscì fu di portarsi una mano dove il capo si giunge al collo, e abbassare lo sguardo. Mariya Alexandreevna gemette, e battè entrambe le mani sulle ginocchia, sollevando uno sbuffo di pulviscolo dalla sottana. "Dovevi aspettartelo prima o poi, Kas'iyyan... è una ragazzina sveglia, e sta diventando grande. Cosa intendi fare?" Le mani pesanti del vecchio cacciatore passarono sul suo viso, deformandone i tratti. Sembrava infinitamente vecchio, infinitamente sconfitto. "Non lo so, Maryia, non lo so..." "Torneranno. Sai anche tu che torneranno. E che qualcosa, per allora, dovrà essere fatto. Kas'iyyan, dimmi che ne sei consapevole." "Si, Maša. Qualcosa dovrà essere fatto. Torneranno."
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