domenica 9 gennaio 2011

Mademoiselle de Faberbleu non capiva proprio come mai quell'unico fratello che aveva la considerasse così poco. Lei sognatrice,amante degli scherzi e delle cacce al tesoro organizzate,della musica e della pittura -nella quale con impegno si cimentava ma senza gran risultati- non riusciva agli occhi del fratello a trovar un minimo d'attenzione,d'ascolto e delle volte di rispetto. I genitori avevano sempre preferito lui per il suo fare impulsivo, per il carattere forte e volitivo, mentre di lei -che era più a lungo rimasta in casa con i genitori- poco o nulla si curavano se non per questioni vacua di rilevanza sociale: Ah!cosa si sarebbe detto in giro -per tacere delle malelingue di corte- se Mademoiselle Françoise de Faberbleu fosse stata vista in fogge indegne del suo rinomato rango, se Mademoiselle Françoise de Faberbleu non sapesse toccare alla spinetta come le cortigiane della regina, cosa si sarebbe detto se..
La ragazza era di carattere allegro e sensibile, dava fiducia a tutti e di quel fratello gelido pareva esser l'unica a non subirne gli influssi. Quando il messo che da tempo si aspettava arrivò e dopo qualche giorno il fratello partì, lei pianse sinceramente e fu redarguita dai genitori perchè nel farlo si soffiò il naso forte assai sul fazzoletto ricamato della povera prozia dama di corte.
Passò circa un anno, e le notizie dal fratello arrivavano poche e sconnesse. La guerra nelle Americhe stava andando male per la Francia e i condottieri di ventura richiamati alle armi avevano degli obblighi ben precisi nei confronti della corona. Il vecchio conte e la contessa de Faberbleu attendevano ansiosi notizie dal fronte ogni giorno, fino a quando un mattino una carrozza si fermò davanti al cancello della tenuta. Dietro veniva un feretro nero, una bandiera listata a lutto ed un uomo solo. A piedi.
L'uomo guardò i conti immobili sulla scalinata, sorrise un poco e poi svenne sul patio.

mercoledì 5 gennaio 2011

Da molti giorni, oramai, cielo e terra parevano confusi. Non c'era più alto e basso, sopra e sotto. Una cappa di nuvole grigie e pesanti sembrava essersi accomodata tra le montagne e aver definitivamente rinunciato ad ogni desiderio di spostarsi altrove, o anche solo di far piovere. Il lago aveva smarrito le rive in una foschia densa e lattiginosa che andava a mischiarsi alle sfilacciature delle nubi più basse, e stendeva le sue acque metalliche come uno specchio cieco per un cielo immobile. La nebbia affievoliva ogni rumore, inghiottiva le distanze, confondeva le profondità. I merli tacevano, e si muovevano tra i rami con timidezza; un airone scrutava un orizzonte inesistente, immobile con una sola zampa immersa nelle acque fangose della riva, un pettirosso frullava le ali da un ramo all'altro di un salice, senza che il suo peso muovesse anche una sola foglia. "Diventerò matto" pensava stretto nel frac di gabardina bordeaux, infossando quanto più possibile il naso nella sciarpa di lana per difendersi dal primo freddo "ancora un giorno così e diventerò matto". In lontananza, o così almeno pareva, qualcuno tormentava orribilmente una spinetta, mentre fiocchi di cenere di legna, faville spente, venivano trasportate per l'aria ferma da qualche corrente troppo lieve per essere avvertita. Il pensiero davanti al lago morto, col suo coperchio di nubi fuligginose, sempre più affondato in una bruma densa come fumo di legno verde, era sempre il medesimo "...un giorno così ancora...", e i giorni erano passati, si era quasi fatto un mese, e contrariamente alle proprie previsioni, non era ancora diventato matto.
"Se passi un altro giorno fuori con questo tempaccio, ti prenderai una grippe, te lo dico io" La vocina flautata e sussiegosa era stata annunciata da uno scalpiccio di pantofoline e da un respiro affannato, che era però passato del tutto inosservato: infatti sussultò, infossando ancor più il viso nella sciarpa, come inconscia difesa. Se non era ancora matto, non avrebbe nemmeno preso la grippe. "Ti è piaciuto?" la frase fu sospesa, in attesa di un complimento che non arrivò "a me affatto no. Troppo difficile." Ecco chi torturava la spinetta. "e poi conosci maman, ha una vera fissazione di queste cose moderne. Tutto à la page. Come sto?" La cappa si abbassò scoprendo un'improbabile torre di riccioli, da cui promanava, nonostante chissà quale impiastro profumato, un vago sentore di strinato a denunciare un colpevole eccesso di zelo. " Sempre maman. E' a la mode, così pare."
Non sapeva proprio come togliersela d'impiccio.
"Credo che partirai." Il tono della voce cambiò repentinamente, ora era serio, con un accenno di tristezza. "Monsieur le pére ha arrangiato tutto. Credo che sia per domani." E, giusto all'ultima sillaba, due lacrimette lasciarono una traccia rosea nella cipria. "Strano, sorella, che con tutta quest'arte d'essere sentimentale e con l'educazione a la mode di maman, non vi sia ancora riuscito di accalappiare un buon marito che resista al vostro modo di suonare e alle vostre acconciature. Ma siete giovane, vi mancano ancora un paio d'anni buoni prima d'essere considerata zitella." Si girò sui tacchi e la lasciò lì, evidentemente stupefatta, al bordo del lago.
Era felice. Il giorno che l'avrebbe reso matto non sarebbe sorto.